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Parliamo di capelli. Talvolta trasecolo nel vedere graziosissime ragazze con mezzo cranio rasato e l’altra metà ornata di chiome fluenti magari azzurrine o verde-orrido.
Poi ricordo la “cofana” e taccio.
Si passava il pettine nelle varie ciocche di capelli, non pettinandoli, bensì cotonandoli, facendone ciuffi tanto imbrogliati da reggersi da soli dritti tutti intorno alla testa.

Quando eravamo come la Gorgone abbassavamo di poco, di pochissimo, le punte delle ciocche fissandole al cranio con mollette e forcine.
Le contadine lucane si sarebbero risparmiate il cercine se avessero conosciuto la cofana, spessa e voluminosa, molto voluminosa.
Salerno ha un lungomare bellissimo, ovviamente carezzato – o sferzato a seconda delle stagioni – da un bel venticello che altrettanto ovviamente penetra in via Roma e al Corso, i luoghi deputati alle nostre passeggiate.
Quei refoli penetravano nelle cofane, forzando mollette e forcine che subito cedevano lasciando libere di rizzarsi le ciocche ben cotonate.
Gridolini, un frenetico cercare nelle borsette ed in meno di un minuto noi fanciulle tiravano fuori civettuoli foulard a riabassare le
ciocche della cofana; somigliavamo immediatamente ad Elisabetta seconda, il che non era il massimo per signorine che avevano perso mezz’ora a cotonarsi i capelli per somigliare a Brigitte Bardot e alla sua cofana.
Io al primo alitar di vento cominciavo a darmi grandi manate in testa: la mia cofana non era all’altezza delle altre perché mamma le  trovava orrende e mi consentiva brevi cotonatine che non mi facessero sentire
esclusa.
Comunque per onestà debbo ricordare che le mie chiome, allora come oggi hanno uno spirito autonomo e non si piegano…mai ahimè.

 

Gabriella Pastorino