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Naduk era una bimba bellissima di quattro anni. Aveva gli occhi neri e tondi come quelli di un cerbiatto, i capelli corti e ricciuti e l’incarnato olivastro. Naduk era una bimba indiana ed  era proprio questo che a lei non piaceva. Gli altri bimbi di “Villa Alba” che giocavano con lei, erano tutti di pelle molto chiara.

C’era persino un bimbo albino, Luca si chiamava, se ne stava sempre all’ombra perché lì, a “Villa Alba”, si raccontava che fosse allergico al sole. Naduk questa cosa proprio non riusciva a capirla, ma Luca le piaceva molto e spesso andava a giocare con lui sotto il portico dove non arrivava quasi mai il sole.

Tutti volevano bene alla piccola Naduk, nessuno faceva caso al colore della sua pelle, era bella così, gli altri facevano a gara per giocare con lei, era adorabile, buona e sempre allegra, nonostante le disavventure che già da così piccina le erano capitate.

La sua mamma e il suo papà si erano incontrati in una piccola cittadina del milanese. Entrambi erano venuti in Italia a cercar fortuna. La mamma, Rajan, aveva iniziato a lavorare come badante di un anziano signore sulla sedia a rotelle, mentre il babbo, Singh, puliva le porcilaie nell’azienda di un noto imprenditore lombardo. Una sera, al bar del paese, si diede una festa di addio all’estate con musica, danze e tanto di buffet. C’era anche Rajan,  in un angolo, ad osservare gli abiti eleganti delle ragazze. Singh invece, aveva timidamente raggiunto un bicchiere di vino e sperava di incontrare lì qualcuno che parlasse la sua lingua, si avvicinò a Rajan con timore, porgendole il bicchiere con un inchino e l’altra mano sul petto.

Rajan e Singh si innamorarono subito. Si trovavano ogni sabato pomeriggio a quel bar dove si erano visti per la prima volta e lì parlavano fino a sera. Erano felici insieme e il loro amore rendeva le fatiche del giorno più lievi, lavoravano pensando che al sabato si sarebbero incontrati.

La domenica era il giorno più duro per Rajan e Singh perché, contando i giorni sul calendario, mancava una intera settimana al sabato successivo.

Al lunedì andava già meglio. Facendo un calcolo strano, pensavano entrambi che in fondo mancavano solo 4 giorni per rincontrarsi nuovamente. Era già lunedì, si dicevano,  ed era un giorno che non si contava. Martedì, mercoledì, giovedì e venerdì, erano 4 giorni e il sabato era un altro giorno che non si contava. Così la loro settimana era cortissima.

Singh era pazzo di Rajan, ed era stufo di contare i giorni. Appena ebbe un po’ di risparmi decise di sposarla. Per l’occasione, Rajan si era cucita da sola un abito di velo e seta tutto bianco.

Singh si era fatto prestare una giacca nera ed una cravatta color argento. Fu una cerimonia breve e modesta, in compagnia di quei pochi amici che nel frattempo avevano conosciuto al bar del paese. I due sposi, erano riusciti a trovare anche una buona sistemazione. Un’anziana signora gli aveva dato in fitto un vecchio garage, era un po’ buio perché aveva un’unica finestra molto piccola, ma erano riusciti ad ottenere un ambiente decoroso, arredandolo con un po’ di cose frutto della generosità dei vicini. C’era un piccolo bagno con la doccia, il letto, un vecchio armadio con lo specchio rotto, la cucina e perfino il forno. Avevano quasi tutto quello che desideravano. Rajan diventava ogni giorno più bella, soprattutto dopo essersi accorta che presto avrebbe avuto un bimbo. Singh tornava a casa tardi e stanchissimo, ma felice perché nel buio di quel piccolo garage  trovava Rajan che gli aveva preparato sempre qualcosa di caldo con tanto amore. Le cose non andarono proprio come avrebbero voluto. Venne il giorno del parto, Rajan morì mettendo alla luce la splendida Naduk. Singh era inconsolabile, gridava e picchiava i pugni nel muro, non capì mai bene cosa fosse accaduto. Quando non ebbe più lacrime, si strinse al petto il  suo fagottino e se ne andò, convinto che ce l’avrebbe fatta a coltivare quel fiorellino appena sbocciato. Al mattino si alzava prestissimo. Preparava il latte per la sua piccina e una grossa bottiglia di acqua bollente che serviva per mantenerlo sempre caldo, poi metteva Naduk in una grossa cesta con una copertina bianca e la portava con sé. La moglie del suo padrone si era intenerita nel vedere il giovane indiano così affaccendato e si offrì di tenergli la cesta con la piccina al caldo, nel salotto della sua splendida villa, consentendo a Singh di entrare in casa quando era ora di darle la pappa.

Con tutto l’amore del suo papà, Naduk cresceva benissimo e non si era mai accorta di non avere la sua mamma.

Un giorno Singh tornando a casa vide, in una vetrina, un completino rosa con sopra stampati dei piccoli coniglietti bianchi, pensò:

“Che bello sarebbe vedere la mia piccina con quel completino, chissà se ho abbastanza soldi per comprarlo”. Si decise ad entrare e a chiederne il costo. Purtroppo, la signora che era alla cassa stava discutendo con dei personaggi in divisa. Singh capì subito che era entrato in quel negozio nel momento sbagliato, infatti i militari smisero di discutere con la signora e iniziarono a chiedere qualcosa all’indiano. Naduk non aveva capito bene cosa fosse successo, ma da quel giorno fu portata a “Villa Alba”.

A chi le chiedeva del suo papà, lei rispondeva convinta che presto sarebbe tornato a prenderla,  non appena avrebbe trovato un foglio di carta speciale da dare a quei signori in divisa.

Di tanto in tanto, ricordava quel bel completino rosa con i coniglietti che Singh non aveva fatto in tempo a comprare e pensava che sicuramente lo avrebbe indossato un’altra bimba. Venne l’inverno, Naduk iniziò a preoccuparsi per il suo papà che ancora non tornava.

Si passava il giorno in casa, perché in giardino non si poteva più andare a giocare e lei iniziò a rattristarsi.

Luca invece era l’unico bimbo davvero felice, a lui non importava andare in giardino, anzi in casa era costantemente all’ombra ed era tranquillo per la sua allergia.

Un giorno, qualcuno bussò alla porta di “Villa Alba”, fuori c’era tanta neve e molti bimbi corsero a guardare chi fosse.

Tra i tanto bimbi che affollavano l’ingresso, Naduk vide un signore alto, magro e pallido con una grossa scatola in mano.

Era Singh, il suo papà che quasi non aveva riconosciuto, gli corse incontro gridando “papi, papi!”, poi aprì la scatola e c’era dentro quel completino rosa con i coniglietti che tante volte aveva ricordato.

Da allora, Naduk e Singh furono molto felici e Rajan restò per sempre nei loro cuori.

Enrica