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Non ho tempo! E’ questa la frase che continuo a ripetermi ormai quotidianamente.

Al mattino mi alzo prima che suoni la sveglia, rigorosamente impostata alle 6,58 minuti, non le 7,00, perché mi parrebbe di essere già in ritardo. Mi infilo sotto la doccia velocissima, solo il tempo di regolare la temperatura, due minuti e sono già fuori. Mi arrotolo ancora stordita nell’accappatoio, ma il sonno ormai non riesce più ad avere il sopravvento. Mi dirigo in cucina con movimenti incerti, preparo il caffé, ma non so bene cosa stia facendo, non riesco ancora a pensare.

Posiziono la caffettiera sul fornello, accendo la tv e torno in camera da letto a vestirmi. Riesco a ricordare che non devo fare rumore, mi muovo furtivamente nel mio torpore, lei dorme.

Torno in cucina, senza badare troppo a come mi sia vestita, mi fermo davanti al fornello infilando la cintura nei jeans, i soliti jeans! Preparo la mia tazza, quella grande un po’ annerita sul bordo, prima lo zucchero, poi mi verso il caffé e mi siedo. Finalmente inizio a connettere, il caffé mi scuote. Riesco a guardare fuori dalla finestra, è una splendida giornata di primavera, tersa, la campagna è immensamente verde, ma io ho la nebbia dentro e un grigiore che mi soffoca l’anima.

Le notizie del telegiornale scorrono veloci, le quotazioni di borsa, il meteo, l’oroscopo, ma io non ho ascoltato nulla. Risciacquo velocemente la caffettiera e la tazza, l’educazione ricevuta da mia madre mi impedisce di lasciare stoviglie sporche nel lavello, neppure quando si rischiava di perdere il treno era consentito farlo, sarebbe stata una sciatteria.

Torno in bagno a lavarmi i denti, mi piazzo davanti allo specchio e mi vedo per la prima volta, mi avvicino per segnare il mio sguardo con la solita matita “verde muschio” e scopro le mie prime rughe. “Stamani mi faccio carina” mi dico, “mi trucco un po’”, no, non ho tempo! Allora via al solito burro cacao sulle labbra, una spruzzata di profumo e sono già sulle scale.

Afferro la borsa, le chiavi e scendo in fretta, cercando di non fare rumore, lei è persa ma ha un ottimo udito. Sono finalmente fuori, raggiungo l’auto, inserisco le chiavi nel cruscotto e parto. L’orologio analogico segna le 7,50, tiro un sospiro di sollievo, arriverò in orario in ufficio. Accendo la radio, è il secondo tentativo di cogliere qualche notizia del giorno, ma non ci riesco, il mio pensiero torna a lei, al suo sonno che non è più naturale, è un sonno indotto dai farmaci e dalla morte dei neuroni. “Alzheimer” dicono i medici. Questo nome ha squassato la nostra vita, una fucilata che ti arriva dritta allo stomaco. Ci siamo trovati una madre improvvisamente demente, incapace di badare a se stessa e nel contempo riottosa ad ogni forma di assistenza. Proprio lei, che aveva una mente fertile, il senso degli affari, la voglia di vivere e di fare tutto da sola. Fa male vederla seduta a tavola e capire che quasi non riesce più a portare il cibo alla bocca, fa male ricordare quello che era e vedere quello che ora è. La mia mamma, chissà quanto starò male quando non mi conoscerai più!

Il mio ricordo di bambina aggrappata al tuo seno mi solca l’anima, avrei voluto che fosse stato per sempre.

Sono quasi arrivata in ufficio, il semaforo è rosso, mi fermo e per un attimo penso a Nando che da qualche mese se ne è andato. Lo avevo conosciuto per caso, quel pomeriggio in ufficio si era avvicinato a me dicendo “cosa fa dottoressa per i prossimi trent’anni?”. Non era bello, lo avevo visto altre volte, ma non mi ero mai accorta di lui. Mi piacque quasi subito.

Nando, eri la mia forza ora, il mio futuro, il mio sogno di donna. Già mi vedevo invecchiare accanto a te e invece… te ne sei andato. Te ne sei andato con un’altra più giovane di me di 15 anni, “per colpa di tua madre” dici tu, “menzogna!” dico io. Bisognerebbe conservare il rispetto almeno per se stessi quando lo si è perso per gli altri. Hai buttato nel cesso il mio onore e te ne sei andato sbattendo una porta. Che eroe! Hai saputo barattare un sentimento autentico con una sottanina.

Ma dove sono ora? Sto andando a Milano, mi sono persa, mi sono dimenticata di girare all’incrocio!! Torno a casa, non vado al lavoro oggi, chiederò un giorno di ferie….no, anzi, sarà meglio che ci vada….anche se arriverò in ritardo. Parcheggio, spengo la radio e timbro il cartellino, 8,32. Ho 32 minuti di ritardo, mi sono persa per strada accidenti!

Accendo il computer e finalmente sono serena, inizia un altro giorno, più bello di ieri. I colleghi mi sorridono, c’è uno sguardo d’intesa che mi conforta, anche loro hanno bisogno di me. Mi aspettavano.

Enrica