Seleziona una pagina

 

Tre anni fa, a giugno, sono entrata nel mondo di Face Book.
Dopo un po’, fra me e me così riassumevo la situazione:
-cani e gatti a iosa;
-lamento continuo, pur se articolato su tonalità più o meno intense, su tutto e per tutto, specie per le strade sporche e trascurate;
-incitamento alla rivolta, contro chi non importa, comunque preferibilmente contro i politicanti a tutti i livelli, dal portiere del Comune al presidente della nostra povera povera Italia;
-pseudo (molto pseudo) intellettuali che sbraitano contro chi aveva depredato il sud Italia opulento e laborioso per arricchire un nord furbo e snob.
Il tutto in un italiano un po’ così… come dire?… approssimativo e costellato di parole grevi:
-laddove io mi incavolo, queste creature spontanee usano un verbo più colorito;
-il lato B ha un solo nome, uno solo, ed è il luogo dove vengono inviati quasi tutti;
-il lato A dei signori è incredibilmente pervasivo: laddove io acquisto un televisore, questi signori (e ahimè! signore) comprano un cavolo di televisore, insieme ad un cavolo di lampadina in un cavolo di negozio; non manca un cavolo di missile intergalattico… Freud troverebbe inquietanti assonanze… Insomma il cavolo è onnipresente. E ça va sans dire che non dicono cavolo…
Ecco, in questo panorama noto una certa Simona che nei suoi sofferti scritti sembra ignorare la fascia del corpo umano posta a circa un metro da terra.
Ohibò! Come mai? Mi sbilancio in un Mi piace… ed è l’inizio di un rapporto fra due donne che parlano la stessa lingua.

Il tempo passa. Nella mia quotidianità individuo alcune persone, come me scarsamente evolute nel lessico corporale, gente per le quali risulta un po’ greve il mio “Che palle!” voce che dal sen fugge di fronte alle noie psicofisiche della vecchia signora che sono.
Quando insieme creiamo un sodalizio basato su identità di opinioni e di educazione, mi ricordo della giovane di Bergamo che su FB scrive benissimo pagine delicate e sofferte, e la fagocitiamo.
Il blog Ore d’otium rapidamente si arricchisce, mentre continua il nostro tentativo di far cultura di spessore assolutamente non noiosa.
Arriviamo all’ultimo incontro del secondo anno di attività; proporremo in modo non banale Leopardi, senza lezioncine (quando è nato e quando è morto…), o soporiferi concettoni espressi in paroloni da palloni pallosi.
Al solito sono in ansia.
Attendo uno degli interpreti del “nostro Leopardi” che ripeterà la prova di lettura, quando telefona Enrica, giornalista del gruppo, oltre che ottima scrittrice.
“Vengo? Ho con me un’amica”
E arriva. L’abbraccio e dico Benvenuta alla biondina che la segue. Tendo la mano e la riconosco : SIMONA!
Come accidenti avrò fatto io che per strada incrocio la mia migliore amica e non la saluto perché non la riconosco, a riconoscere qualcuno visto tre volte in foto?
Baci e abbracci, e decisione di incontrar tutti domani, prima dell’inizio del nostro Leopardi. E poiché in me si accuccia una strega mortinpiedi che però ogni morte di papa esce dal letargo, decido di avvisare quelli di Ore d’otium di una sorpresa. Chiarisco solo che è bellissima e che darà gioia a tutti. Curiosità generale ma, da strega, mantengo il segreto.
La prima giornata si conclude in pizzeria, con Gianna Cassandro, cui sia io che Enrica siamo affezionate, ma che non fa parte di Ore d’otium.
-Secondo giorno: Simona va ad Amalfi e sopravvive (malissimo!) a cinquecento o mille curve, abbarbicata ad un palo in un pullman strapieno.
“Non mi nominate più, mai più, la costiera!” esala, pallidissima.
Alle 18 abbraccio generale. Poi Giacomo Leopardi. Bottiglie di amaro bergamasco per tutti noi, pure per Cecilia. Ed infine cena degli otiosi quasi al completo in un ristorante bello e raffinato (grazie, Giulio e Italo) e passeggiata notturna sulla via dei templi. Non accenno alle mie emozioni perché se attacco non la pianto facilmente. Fra tutti noi, serenità, sorrisi, amicizia tangibile in un chiacchierare disteso.
-Terzo giorno: Italo e Gabriella a far da ciceroni a Simona a Salerno, da Cava al Duomo.
Onestamente, io che nel 90% dei casi trovo ridicola l’esibizione di titoli, accademici e non, debbo chiarire: con Simona eravamo io ed il professor Galante. Nella storia dei nostri luoghi, Italo non mi vede proprio: sa tutto. Era talmente bravo che non ho fatto manco una battuta scema. Chapeau!
Il tutto mentre la povera Enrica sgobbava al tribunale.
Dopo l’abbraccio di Simona al suo docente che tornava da Margherita, veniamo recuperate da Enrica. Poco più di uno spuntino prima della partenza per il nord.
Dolci di Pantaleone e mozzarelle squisite a sottolineare i nostri sapori alla nostra amica Simona, colonna di Ore d’otium e del rapporto umano che ci lega.
p.s. Se dico che Simona già mi manca sembro sdolcinata?
Gabriella Pastorino