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Gerardo Monetti analizza il nichilismo che permea la società contemporanea, segnato dalla perdita di valori, dalla crisi delle istituzioni e dall’individualismo esasperato. Denuncia il vuoto culturale e morale del nostro tempo, ma invita anche alla speranza: solo attraverso il pensiero critico, il dialogo e l’impegno quotidiano è possibile avviare una rinascita culturale e ritrovare il senso del bene comune.

Introduzione: un firmamento sempre più vacuo

La nostra società appare sempre più intrisa di nichilismo. Il firmamento che ammanta la
nostra esistenza è sempre più nano e vacuo.
L’interazione tra il panorama culturale, intellettuale, politico e artistico penetra in
maniera radicale il pensiero. Oggi, però, è testimone dell’impoverimento progressivo
della nostra epoca. L’argomento è rilevante e dibattuto e va affrontato con la dovuta
attenzione.

I sintomi del nichilismo contemporaneo

Sono numerosi i segnali del crescente nichilismo nella società contemporanea:
a) È innegabile un processo di secolarizzazione. Ciò che preoccupa è l’assenza di nuovi
orizzonti di senso condivisi capaci di sostituire i riferimenti tradizionali. Questo produce
un vuoto valoriale.
b) La politica, che col potere era al servizio della comunità, ispirando reciprocità e fiducia
nelle istituzioni, ha perso credibilità.
c) Le ideologie che un tempo suggerivano come coordinare l’esistenza sono venute meno.
Appare, sull’orizzonte degli eventi, che i valori assoluti e prioritari sono smarriti. Avanza,
ovunque, un cinismo apatico e diffuso. Questo reca seco la sfiducia nelle istituzioni, nella
politica, nelle relazioni umane. Ci siamo abituati a vivere nell’immediato, senza
prospettive a lungo termine, prive di un disegno che trascenda il presente. Ciò è di una
gravità senza pari. I nostri figli ci guardano e stiamo trasmettendo loro questo modo di
vivere.

Il dibattito: transizione o declino?

Alcuni, tra filosofi e sociologi, colgono questo momento non come puro nichilismo, ma
come una fase di transizione. A me pare, però, che le vecchie certezze sono state
annientate dalla futilità. I nuovi valori, pervasi dalla medesima vacuità, non riescono a
sostituirle.
Altri richiamano i “corsi e ricorsi storici” di Giambattista Vico. Rimarcano come ogni
epoca sia irrimediabilmente implosa in una perdita di valori e di identità. Questi
fenomeni, oggi, sono resi più visibili dall’amplificazione mediatica e dalla rapidità dei
mutamenti sociali. Inoltre, parodiare “La Storia siamo noi” è diventato un assioma,
mentre consegniamo ad essa un’esistenza priva di sostanza.
A quei filosofi e sociologi che a ragione affermano che le vecchie certezze sono crollate,
farei osservare che non si intravedono nuovi valori, ma solo nuovi disvalori.

L’individualismo come falsa autenticità

Viviamo in una società dove l’individualismo estremo si identifica con l'”autenticità”. Il
nostro Io diventa l’unica misura. L’essere umano tende a ignorare i sentimenti e il
benessere di chi gli sta accanto. Si concentra solo sui propri bisogni e sul proprio ego.
Questo atteggiamento ricorda quello di chi manipola affettivamente gli altri. Chi agisce
così si focalizza esclusivamente su se stesso, usando le relazioni come strumenti per il
proprio tornaconto. Ciò conduce a rivendicare la propria fragilità come identità, invece
di costruire la forza nella temporalità. Si cede alla furia giustizialista che distrugge, senza
realizzare alternative.
Emerge e dilaga inarrestabile l’ossessione per l’immagine di sé. C’è la riduzione del valore
umano a mera contabilità di like e follower. Questo sprigiona con arcigna ferocia quanto
in noi alberga di più abietto, corrodendo irreparabilmente la nostra essenza.

Come invertire la rotta?

Se ciò è vero, cosa può invertire la rotta? Vi è bisogno di una nuova capacità di pensare il
bene comune. Occorre costruire progetti che trascendano l’individuo.
Ma dove potrebbe scaturire la genesi di questa spinta? Le istituzioni che tradizionalmente
la veicolavano – famiglia, scuola, comunità – sono esse stesse in crisi. Il rimedio è
unicamente in una rinascita culturale e nell’educazione al pensiero critico delle nuove
generazioni.
Ma come ricostruire tutto questo se le generazioni che dovrebbero guidare il processo
sono esse stesse immerse nel nichilismo? Chi insegna il pensiero critico, se i docenti
stessi sono spesso prodotto del sistema che ha generato il vuoto?

Le lezioni della storia

Storicamente, le rinascite culturali sono state causate da:
a) Minoranze creative: piccoli nuclei che hanno custodito e rilanciato valori quando tutto
sembrava perduto.
b) Crisi profonde: situazioni che si radicano così in profondità da rendere insostenibile
il presente. È allora che necessariamente si crea uno squarcio nel tempo.
c) Contaminazioni esterne: incontri con altre culture che hanno scosso l’inerzia degli
uomini, ravvivando la fiamma dell’esistenza.

La responsabilità di ciascuno: azioni concrete per oggi

Affermare “serve una rinascita culturale” è un modo per delegare la rinascita a un futuro
indefinito, a qualcun altro. Se “la Storia siamo noi”, dobbiamo rendere ciascuno
protagonista consapevole della resurrezione culturale.
Dobbiamo valorizzare i mezzi limitati attraverso sinergie tra istituzioni e reti sociali
esterne. I cambiamenti profondi non hanno origine solo dall’alto o solo dal basso.
Nascono da una tensione fertile tra istituzioni e forze esterne che li contestano, li
stimolano, li costringono a rinnovarsi. Questo avviene attraverso un dialogo poroso,
conflittuale, ma produttivo.

Cosa può fare ognuno di noi?

Ognuno nel proprio ambito è un nodo di questa rete. Nell’insegnamento, nella famiglia,
nel lavoro, nella comunità locale.
Non servono gesti eroici. Serve costanza quotidiana:
• Leggere: non solo notizie e social, ma libri che sfidano il nostro pensiero. Dedicare
ogni giorno anche solo venti minuti a una lettura che ci faccia riflettere.

• Pensare: ritagliarsi spazi di silenzio e riflessione. Spegnere gli schermi.
Interrogarsi sul senso di ciò che facciamo, senza accontentarsi delle risposte prive
di spessore e valore storico.
• Dialogare: creare occasioni di confronto autentico. In famiglia, parlare di idee e
non solo di faccende pratiche. Al lavoro, proporre momenti di discussione su temi
che vadano oltre l’immediato. Nella comunità, partecipare a circoli di lettura,
dibattiti, iniziative culturali.
• Trasmettere: condividere con i più giovani non solo competenze tecniche, ma
testimonianze di senso. Raccontare storie che parlano di valori, di scelte difficili,
di impegno civile. Mostrare con l’esempio che è possibile vivere diversamente.
• Resistere: opporsi alla tirannia dell’immagine e del like. Scegliere la sostanza sulla
forma. Valorizzare le relazioni profonde anziché quelle superficiali. Difendere
spazi di lentezza in un mondo ossessionato dalla velocità.
Questi gesti quotidiani, moltiplicati per migliaia di persone, possono far rifiorire i germi
resistenti al nano e al vuoto. La rinascita culturale non arriverà come un evento
improvviso, ma come la somma di infinite scelte individuali che, giorno dopo giorno,
ricreano significato là dove sembrava essersi estinto.
La domanda non è se qualcuno salverà la nostra civiltà dal nichilismo. La domanda è:
cosa farò io, oggi, nel mio piccolo, per contribuire a questa rinascita?


Gerardo Monetti