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“Sto parlando con te Jasmine!”, esclamò la maestra infastidita.

Jasmine si riprese subito, per nulla turbata e rispose “Il pentagono ha cinque lati, e cinque angoli”, era una domanda banale – pensò lei, e ripeté a se stessa “cinque lati e cinque angoli”.

La maestra era stufa, seccata nel cogliere continuamente Jasmine avvolta nel mondo dei sogni, non era mai lì, ma altrove.

Sì perché questo era il punto debole di Jasmine. Era una bambina brava a scuola, allegra, generosa, ubbidiente ai genitori, ma aveva un’altra vita: continuava a sognare a occhi aperti, in maniera irrefrenabile, a volte era capace di correre dietro a due o più sogni contemporaneamente, una vera torre di Babele!

Al mattino, appena sveglia, faceva fatica a capire dove si trovasse, reduce da una notte passata in posti fantastici, al mare o in montagna, o su altri pianeti, si trovava di fonte alla tazza di latte pronta per la colazione e solo allora realizzava che stava per iniziare una nuova giornata.

Mangiava con piacere, raccontava i progetti del giorno a mamma e papà, poi, di buona lena, aiutava a sparecchiare la tavola, si vestiva e si precipitava in auto perfettamente sistemata, con i libri e la merenda nello zaino.

In effetti anche Jasmine si sorprendeva di se stessa, era come se dentro di lei ci fossero state due bimbe identiche, tutte e due presenti a se stesse, ma le bastava chiudere gli occhi e le due bimbe si divedevano andando ciascuna per proprio conto, per carità senza mai perdere una sola virgola del mondo reale che le circondasse, insomma non si distraeva. Non appena qualcuno le rivolgeva la parola, era capace di rispondere sorprendentemente a tono, non si staccava dalla realtà, altrimenti come avrebbe potuto essere la più brava della classe? La mamma neppure badava più a questa doppia vita di Jasmine, anzi, spesso ascoltava sorpresa i suoi racconti straordinari, meravigliandosi di tanta fantasia.

Un giorno, intanto che Jasmine leggiucchiava un capitolo noioso di storia, una grossa aquila le si parò davanti, frenando con gli artigli sul davanzale della finestra.

Jasmine lanciò un grido per lo spavento, lei era una bimba minuta ed esile, quell’uccellaccio era ben più grande di lei.

Il miracolo si compì in un baleno: l’aquila parlò!

– Ciao Jasmine, non temere, non avere paura di me, i bambini mi piacciono e non ti farei mai del male. E’ tanto tempo che da lassù ti osservo e volevo venirti a trovare-

– Lassù dove? – rispose Jasmine – Dove abiti?.

– Là – disse lei, indicando una nuvoletta bianca con la punta dell’ala – non ti andrebbe di fare un giro, di me ti puoi fidare.

Jasmine era titubante, ricordava tutte le raccomandazioni della mamma che costantemente le diceva di non parlare mai con gli sconosciuti e di non andare mai con loro. Ma era anche una bambina temeraria e coraggiosa, e in fondo quello era solo un grosso uccello,  che male avrebbe potuto farle?

Gli animali sono sempre buoni – diceva papà.

Continuò a guardare l’uccellaccio con sospetto, sbirciò tra le zampe, infilò le sue piccole dita sotto quel soffice manto piumato, non era un trucco, quella era davvero un’aquila!

Come avrebbe potuto perdere un’occasione simile?

Le sarebbe mai più capitato di incontrare un’aquila parlante così da vicino?

– Mai più! – pensò.

Aveva un’occasione unica ed irripetibile, non poteva perderla.

Così, nell’incertezza, tra il dire e il fare, l’aquila con un balzo la prese sulle sue ali e partì.

– Tienti stretta Jasmine! – gridò l’aquila e decollò.

Jasmine sentì il soffio leggero del vento tra suoi riccioli scuri come non l’aveva mai sentito, il cielo si fece più azzurro, il sole più vicino e più caldo, un fremito di gioia immensa le attraversò l’anima, perché e per come si trovasse sulle ali di quell’aquila neppure lo sapeva.

E andarono, andarono lontano volteggiando nel blu, in lungo e in largo, ora sulle cime aguzze dei monti, ora sfiorando il bianco dei ghiacciai eterni e poi giù, fino a planare sull’Oceano e poi di nuovo su, oltre le nubi, quasi a veder le stelle, e poi ancora oltre, e oltre ancora fino a quel punto infimo del lontanissimo infinito.

Echeggiò il rumore del silenzio nell’immenso ventre di madre natura e il tempo parve sospeso.

“Jasmine è pronto, viene a cena per favore”? – disse la mamma.

Jasmine aprì gli occhi, guardò il cielo e vide l’aquila sparire su quella nuvoletta bianca, lassù lontano lontano, dove già avrebbe voluto tornare.

Enrica