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Da tempo mi sono appassionata alle tematiche ambientali, seguendo anche i continui richiami di Papa Francesco che invita alla “cura del Creato” ed a un nuovo modello di sviluppo che generi inclusione sociale, abbia al centro la Persona e la ricerca del bene comune. “…Vedo un modello di vita economico e sociale caratterizzato da tante disuguaglianze… che non si prende abbastanza cura dell’ambiente”.
L’attuale modello economico ha permesso a miliardi di persone di migliorare le proprie condizioni di vita ma il prezzo è stato l’inquinamento, i cambiamenti climatici e le disuguaglianze sociali. Questo non va bene, bisogna correre ai ripari, restituire dignità agli esclusi e prendersi cura della natura, coniugando lo sviluppo economico con la società e l’ambiente. E’ la cosidetta “economia della ciambella” una teoria elaborata dalla economista britannica Kate Raworth, “uno spazio a forma di ciambella che è ecologicamente sicuro e socialmente giusto” in cui l’umanità può prosperare senza consumare le risorse del pianeta.
Per arrivare a questo traguardo è nata l’Agenda 2030: un programma di azione sottoscritto nel 2015 dai governi dei 193 paesi membri dell’Onu; essa definisce 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030. Da questo è partito poi il Recovery Plan approvato nel luglio 2020 dal Consiglio Europeo per sostenere gli Stati membri colpiti dalla pandemia con l’obiettivo di rafforzare la ripresa socio-economica e garantire parità nel sistema economico. In Italia il Ministero della transizione ecologica istituito mira a introdurre l’educazione ambientale nella cittadinanza per una società responsabile e attenta agli equilibri planetari. Occorre aiutare le persone a fare scelte sostenibili, perché la sostenibilità deve partire dal singolo e diffondersi nel contesto circostante attraverso l’acquisizione di buone abitudini, e ognuno deve fare la propria parte: non inquinare con la plastica, utilizzare meno l’auto, fare la raccolta differenziata evitare sprechi d’acqua, luce e cibo, e così via.
Nel nostro Paese sono partite già tante iniziative virtuose. Ad esempio oggi si parla di architettura biologica che prevede la costruzione di case utilizzando materiali naturali come sughero, canapa, lana di pecora, perfino la lolla che sarebbe la paglia del riso che ha caratteristiche energetiche, acustiche e isolanti.
A Rovereto con gli alberi abbattuti dalla tempesta Vaia, nell’area alpina del nord-est, si sta costruendo il più grande edificio in legno d’Italia che ospiterà persone bisognose.
Un giovane artista siciliano ha recentemente riprodotto il Giudizio Universale di Michelangelo utilizzando solo materiali di recupero e tante aziende stanno utilizzando materiali di scarto per realizzare borse, portafogli, occhiali, gioielli, oggetti di design.
E’ dunque possibile un modo diverso di fare edilizia e industria, così come è auspicabile un’agricoltura che riduca i pesticidi e si parla anche di cibo sostenibile ed etichettatura climatica che riporta su ogni prodotto i dati dell’impatto ambientale dell’intero ciclo di vita dell’alimento.
Tutto questo abbinato ad un nuovo stile di vita adottato dai cittadini potrà portare a un’economia e una società che non dimentichino nessuno e che non producano neppure uno scarto. Ora o sarà troppo tardi, ora dobbiamo fare le scelte giuste, ora è arrivato il momento di incamminarci su un percorso virtuoso, dopo sarà troppo tardi. Facciamolo insieme, facciamolo tutti.
Miriam D’Ambrosio