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Vi è mai capitato, di alzarvi di notte, con una voglia sfrenata di ingurgitare una qualsiasi forma e sottoforma di cibo e mentre l’acquolina, sta già facendo il giro dei campionati mondiali in bocca, dirigere i vostri passi verso il frigorifero e con un incontrollabile e sfrenato desidero, aprirlo? E vi è mai capitato di accorgervi, dopo il quintale e mezzo di calorie accumulate nello stomaco, di aver svaligiato anche l’angolo ”vegano” di nonna, introducendo nel corpo alghe, presunte radici depuratrici di alberi sconosciuti, estratti vegetali di indubbia provenienza e bacche di frutta secca? Se la risposta è: “no, che orribiltà” (si lo so, non esiste questo termine nel vocabolario ma suona bene), non preoccupatevi, siete normali e soprattutto non siete incinta!

La notte è sempre stata terribilmente lunga e pesante. Tutti dormono, il chiarore della luna penetra all’interno della stanza (a guardarla bene, in alcuni periodi del mese, assomiglia a una focaccia al formaggio) e mentre il cigolio delle travi a vista accompagna i sogni non ancora vissuti, la lucina del frigorifero, ci richiama alla realtà. A meno che non abbiate la vista di Superman, è difficile poterla scorgere al piano superiore della casa ma, si sa, la fame vede oltre i muri e le scale. A essere sinceri, non è proprio fame. Diciamo che è a metà strada fra lo spuntino e il the delle cinque, quando ancora non sei pronta per l’aperitivo ma neppure ti puoi accontentare di un po’ d’acqua colorata e due biscotti al cioccolato. Il tour by night al frigor, è gettonato in tutte le migliori agenzie turistiche per mamme. Peccato che il più delle volte, il servizio, non è a cinque stelle e i rifornimenti culinari non rispettano i target desiderati. La regola è non guardare. Se guardi, per una ragione psicologica che ora sfugge, il desiderio di “alimentarsi sano”, prende il sopravvento e ti vedi costretta a ripiegare sul famigerato sedano che neppure la nonna, ha voluto nel suo angolo vegano. Se durante i nove mesi di gravidanza, dotassero ogni mamma di sedano e carote, nascerebbero conigli e capre anziché paffuti e sorridenti bambini d’uomo. E poi, le trasferte dalla camera da letto alla cucina, specie se questa è situata al piano inferiore della casa, aiutano la puerpera a restare in forma. Figuriamoci se dopo un chilometro di corridoio o di scale, arrivassimo davanti al nostro supermarket personale e mangiassimo verdura! Eh no! Se proprio devo scendere al piano di sotto, in piena notte, magari abbandonando il calduccio del letto per affrontare la bufera polare, come minimo voglio il pezzo di torta rimasta, un po’ di latte caldo e la barretta di cioccolata che produce energia alternativa. E sarebbe solo l’inizio.

Comunque, vi stavo chiedendo se vi è mai capitato di impilzarvi di notte. Se lo avete fatto, incinta o no e ancora potete parlarne, allora questa storiella è per voi. Mettetevi comodi. E per carità, buttate quella pianta di sedano che avete in mano!

Euridice non rientra esattamente nella classifica della specie umana terrestre esistente. Non perché sia dotata di antenne paraboliche al posto delle orecchie o di enormi zampette metalliche invece delle mani e dei piedi. E non ha due occhi enormi e la faccia cadaverica, stile scream. Lo avete visto quel film? Beh non vi siete persi nulla. No. La mia Euridice, è normale a tutti gli effetti. L’unico, piccolo, insignificante particolare, è caratterizzato dalla sua mancanza di corporeità. Euridice non è visibile ad occhio umano. Insomma, è trasparente. Ve l’ho detto, è solo un dettaglio senza importanza. Io la vedo, il resto del mondo no. Può succedere, non credete?

Tutto ha inizio da quella benedetta botta in testa!

Capita nella vita di prendere una batosta alla nuca, metaforicamente e fisicamente parlando. Il colpo ci fa cadere o per lo meno barcollare. Per alcuni istanti, rimaniamo intontiti, non reagiamo. A volte addirittura non ci rendiamo neppure conto di averla presa, quella botta. Ma trascorso un breve periodo di tempo, quando il dolore inizia a farsi sentire, realizziamo che anche sulla nostra testa, è arrivata la “benedizione”. Poi pian piano, cerchiamo di riprendere il contatto con la realtà, brontoliamo, urliamo perfino. Proviamo a capirne il motivo. “Come caspita ha fatto a piombarmi in testa quella roba! Chi mi ha tirato quella martellata!” E fra un borbottio e l’altro, iniziamo di nuovo a rimetterci in posizione verticale. Se il colpo ricevuto è solo in testa, passerà in poco tempo. Se invece è arrivato in cima al “polo interculturale” (definizione creativa, non vi pare che cervello fosse un tantino obsoleto?) passando per il cuore, allora ci vorranno secoli! Ma non si deve mollare. Dai colpi si rinasce. A volte si riesce persino a cambiare vita. Ed è proprio in alcune di quelle famose volte che, a rinascere, non sei tu ma il tuo “io” inconscio. La tua Euridice.

Ecco, per l’appunto. È dopo una di quelle botte in testa che la mia Euridice, è venuta alla luce.

All’inizio non gli davo importanza. Sentivo delle voci, ero confusa, non ricordavo i particolari. Tutti effetti collaterali del colpo alla nuca. Il mio poi, partiva dal cuore perciò, era più che giustificabile un certo disagio fisico e psichico durante la fase della ripresa. Giuliano se ne era andato, una sera subito dopo cena. Aveva fatto incetta di tutto il ben di Dio sulla tavola, senza proferire parola,fino al momento del dolce. Poi con la sua consueta non chalance, aveva preso una fetta di torta, e salutandomi, era uscito di casa e dalla mia vita. Mi aveva dato il ben servito! “Scusa cara, devo scappare. Ottima cena, come sempre. Forse hai messo un po’ troppo sale nella zuppa e poche spezie nel pollo. In compenso la torta sembra magnifica. Ah, certo, che sbadato, dimenticavo di dirti che non tornerò. Vado a vivere con la mia segretaria”. Avevo appena scoperto l’esistenza della segretaria. Non pensavo che a un parrucchiere, ne servisse una.

E sono arrivate così. La botta. Ed Euridice.

Accettare che quel depravato, professore in filosofia capillare dei miei stivali, fosse emigrato verso nuovi continenti, portandosi via la parte migliore della mia vita e lasciando granelli di illusioni, non fu cosa facile. Poteva anche vivere in cima al Tibet o in un atollo sperduto ai Caraibi, prima o poi, lo avrei trovato. Lo avrei trascinato giù per i pendii o legato a un sasso e gettato in fondo al mare (non starete pensando che io sia una serial killer. No, tranquilli, è solo la mezza parte sicula che a volte, predonomina sulla mezza bergamasca). Poi però, riflettendoci bene, avevo scartato le scene apocalittiche. Pareggiare i conti mi sembrò subito la soluzione migliore. Non mi ci vedevo arrampicata sui monti alla ricerca del falco perduto. E se proprio avessi messo piede ai Caraibi, non era certo per andare a stanare il Casanova di turno. Mi sarei spaparazzata sotto il sole, in riva a quel meraviglioso mare, sorseggiando un mohjto analcolico. No. Decisamente i viaggi, per ora, non potevano essere contemplati. Non nelle mie condizioni. Ce la vedete una balena che si arrampica sul Tibet o una balenottera in riva al mare, ai Caraibi, a prendere il sole? Beh, forse la balenottera può anche starci. Ad ogni modo, la vendetta “occhio per occhio”, mi suggeriva maggior successo. E così, una sera, uscii con le intenzioni più giuste, entrai in un bar, il famoso bar degli scapoli, mi sedetti al bancone e aspettai. Non ci volle molto. Mi ritrovai in meno di un’ora, a casa mia, sul letto dove quel delinquente da strapazzo mi aveva messa incinta, a fornicare con Adam, o Pablo? Non riuscivo a ricordarne il nome.

“Non farlo. Non lo vedi che è il solito magro tentativo di ripicca? Vuoi solo vendicarti del torto subito, andando a letto con il primo che passa. In questo modo togli la poca dignità che ti resta. Come puoi farti baciare e toccare da uno che nemmeno conosci e del quale non rammenti neppure le generalità. Simone, per l’amor di Dio, pensa a Celestina, cosa direbbe di una mamma che si lascia abbindolare dal primo scostumato che incontra? Non dimenticare che sente tutto quello che fai”.

“Celestina chi? Alt un attimo. Non ci pensare nemmeno che la chiami con quel nome ottocentesco. Te l’ho già detto e pareva tu avessi capito. Lucrezia, senza alcun dubbio, è più adatto. Con la nomea che si ritrova…magari eredita anche le famigerate doti dell’avvelenatrice e non passa l’esistenza a farsi prendere in giro dagli uomini. Un colpetto e poi zac! Arsenico o belladonna che sia, si divertirà”.

“Quanto sei retrograda e poco informata. Povera Lucrezia. Tutti a fare i conti con la sua fama. Ma non sapete voi umani d’oggi che la disgraziata non uccideva gli uomini? Dicerie. Solo dicerie. Era una donna molto intelligente e non si abbassava a simili escamotage. Diciamo piuttosto che non era ben vista, troppe invidie. Dava fastidio ed è finita come sai.”

“Ad ogni modo, che si sia divertita o no, Celestina non è un nome accettabile. Scordatelo.” Pablo o Adam, non ricordo, mi stava osservando. “E tu? Perché mi guardi stralunato? Non mi dirai che ti piace il nome Celestina. Ah no, aspetta. È per Euridice. E quindi? Non hai mai avuto un’amica trasparente? Rivestiti va là. Vergognati, volevi approfittare di una mamma incinta!”.

Mentre l’ennesimo disastro esistenziale varcava la porta di casa spaventato e in mutande, mortificata per la mia pessima prestazione e ancor più per la perdita della ragione, mi sono rannicchiata accanto a Euridice, con il cucchiaino in mano e il barattolo del gelato alla panna, difronte. “Zitta, non commentare. Ne ho bisogno. Posso anche ingrassare, ai Caraibi mica ci vado”.

Nacque il sodalizio. Euridice, Celestina ed io.

“Simone, è sicura di stare bene?” “Nel suo stato emotivo, le avrei prescritto degli ansiolitici ma le sue condizioni fisiche attuali, non lo permettono. Lei è al terzo mese di gravidanza. Non lo sospettava?”
“Quando ero in tournée sentivo i primi sintomi. Poi quel deficiente mi ha mollato per una segretaria in erba e la rabbia per un attimo, ha preso il sopravvento facendomelo dimenticare. Ma non si preoccupi, dottore, Euridice me lo rammenta continuamente. Comunque volevo esserne certa.”
“Simone ascolti. Lei è stata abbandonata, pardon, lasciata da suo marito per un’altra donna, è normale sentirsi confusa, persa. Inoltre non sottovaluti il fattore ormonale. Ora che aspetta un figlio, tutto il meccanismo fisico viene stravolto. Vedrà, con il tempo, riuscirà ad accettare questa situazione e le visioni di cui ora riferisce, spariranno. Non ha avvisato suo marito della gravidanza?”

“Questo figlio merita il meglio. E lo avrà”.

Sono uscita dallo studio con un po’ di timore. Ma è durato poco. Il medico aveva ragione su una cosa: con il tempo avrei accettato la situazione. Però si sbagliava su un punto: Euridice non se ne sarebbe mai più andata.

Oggi Celestine (io ed Euridice abbiamo trovato un accordo, declinare al francese il nome Celestina), ha otto anni, due mamme e un nuovo papà.

E qui viene il bello. Pensavate mica fosse finito tutto.

Ho conosciuto Tobia al supermercato, reparto dolci, scaffale torte, biscotti e affini. Lui veniva ogni anno, in memoria della moglie che, durante la gravidanza aveva perso la vita e il figlio. Lei adorava i biscotti ricoperti di cioccolato e ripieni di crema alle arance. Voleva comperare una scatola per gustarla la sera, ricordando il grande amore e riusciva a trovarla solo in quel negozio. Io stavo vagliando le infinite alternative alla solita cheesecake. Beh, a dirla tutta, avevo già provato ogni genere di torta, pasticcini, biscotti e dolcetti in commercio e volevo accertarmi che nelle precedenti dodici ore, non avessero inventato qualcos’altro. Il mio ormai pronunciato pancione, fu da galeotto, intenerì Tobia. E il seguito, mi fece capire che avevo trovato l’uomo della vita: “le andrebbe di farci compagnia? È da tempo che noi tre, non ci divertiamo “. “Voi tre? Gemelli?” “No, aspetto una bambina. L’altra è un’amica. Euridice. Lei non può vederla, io si.” Mi sorrise e pronunciò quella che a me, parve la dichiarazione d’amore più dolce dell’intero sistema solare (si lo so, dovevo scrivere universo ma, era troppo, non potevo allargarmi, lo conoscevo appena): “Beh, ognuno di noi è un po’ Pinocchio e ha un grillo parlante come aiuto. Ma non tutti riescono a rendersene conto. Questo rende a volte un uomo e una donna, diversi, si, migliori.”
Fu così che, io per lui, divenni quella donna, lui per me, quell’uomo.

Le mie corse notturne, come potete ben leggere, non si sono ancora placate. Tobia sorride ogni volta che la mattina, a colazione, ritrova il frigorifero svaligiato. “Nooo! Euridice, sono arrivati anche stanotte. Vorranno fare scorta per l’inverno!”. Lo amo!

Ok. È finita. La storiella intendo. Cosa immaginavate, che ne scrivessi un romanzo? Mi attende un incalzante impegno, diciamo, logistico: trasferire il materiale contenuto nel frigor, alla nuova sede .
Se dunque anche voi, di notte, sgattolaiate giù dal letto per unirvi al gruppo in crociera tra i frigoriferi, non preoccupatevi.

E per carità, buttate quel sedano!

Simona